Con sentenza n. 1009 del 28 gennaio 2022, il TAR Lazio sez. II ha affermato che è illegittimo il provvedimento emanato a seguito di un procedimento che dispone la rimozione delle opere difformi dal titolo abilitativo e la riduzione in pristino, per il quale sia stata già disposta archiviazione favorevole.
L’archiviazione riveste natura di provvedimento favorevole al destinatario, nel caso in cui l’Amministrazione, dopo aver disposto la conclusione di un procedimento preordinato all’adozione di un atto sfavorevole al destinatario, procede ad archiviare la proposta originaria accogliendo specifiche osservazioni formulate dalla parte interessata e rese nel procedimento medesimo.
Essa esaurisce il potere di provvedere su quella determinata fattispecie, salvo eventuali sopravvenienze od ulteriori nuove valutazioni di fatto o di interesse pubblico o riscontro di vizi di legittimità che, tuttavia, costituiranno oggetto di altrettante volizioni amministrative in sede di autotutela.
Nella fattispecie i proprietari di unità immobiliari di un condominio (sito in Roma) agivano contro il Comune (Roma Capitale), proponendo ricorso al T.A.R Lazio, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento con il quale l’Amministrazione aveva ordinato la rimozione o demolizione delle opere difformi dal titolo abilitativo (che era stato approvato dalla Commissione Edilizia alla fine degli anni 30 (precisamente nella seduta del 22 gennaio 1938) e riscontrate nell’immobile in questione.
Costoro lamentavano, in particolare, che il procedimento edilizio, (iniziato con l’avviso del 12 giugno 2017), si riferiva a difformità riscontrate rispetto al progetto approvato dalla Commissione Edilizia alla fine degli anni 30. Avverso tali difformità i proprietari delle unità immobiliari in questione, dopo aver presentato memorie difensive circa l’inesistenza dei contestati abusi con loro conseguente non sanzionabilità, in seguito ad approfondimenti svolti in merito alla conformità urbanistica, vedevano archiviato il relativo procedimento.
Nonostante poi l’avvenuta archiviazione, il Comune ingiungeva ai suddetti proprietari la riduzione in pristino delle difformità contestate. Dunque, sebbene il procedimento edilizio fosse stato archiviato, l’Amministrazione avrebbe emanato un secondo provvedimento senza alcuna motivazione e senza fare riferimento alla predetta archiviazione, disponendo la riduzione in pristino delle difformità già contestate.
Il T.A.R Lazio ha affermato che con l’archiviazione del procedimento (apertosi sulla base della comunicazione del 12 giugno 2017), la legge, sulla base dell’art. 26 della Legge n. 1150 del 17 agosto 1952 “Legge Urbanistica” come novellato dall’art. 6 della l. n. 765 del 6 agosto 1967 “Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150”, ha posto a pena di decadenza un limite di tempo (pari a cinque anni dalla pubblicazione della norma sulla Gazzetta Ufficiale) oltre il quale non appare possibile poter predisporre la demolizione di opere eseguite senza “licenza edilizia” o in difformità da essa prima dell’entrata in vigore della legge.
Pertanto, si sarebbe trattato di una archiviazione disposta a seguito di una valutazione esplicita dell’interesse pubblico, finalizzata ad escludere, per motivi di diritto, di poter procedere alla applicabilità della misura oggetto della comunicazione di avvio del procedimento.
Nella vicenda che a noi interessa, colgono nel segno le parti ricorrenti laddove censurano la mancata osservanza di condizioni e limiti posti per l’esercizio del potere di autotutela così come stabilito dall’art. 21 nonies della l. n. 241/1990 con conseguente violazione del principio di legittimo affidamento.
Tale articolo statuisce l’annullabilità d’ufficio entro un termine ragionevole del provvedimento amministrativo illegittimo qualora ricorrano ragioni d’interesse pubblico.
A ben vedere, come già rilevato, quando l’Amministrazione dispone l’archiviazione di un procedimento favorevole al destinatario essa consuma il potere di provvedere in merito su quella determinata fattispecie, salvo eventuali nuove valutazioni di fatto o di interesse pubblico o riscontro di vizi di legittimità da rendere in sede di autotutela secondo i relativi limiti.
Nel caso di specie, ordinando la rimozione o demolizione di tutte le opere difformi dal titolo abilitativo, l’Amministrazione ha operato in diretto contrasto con il provvedimento favorevole di archiviazione già emesso, senza alcuna motivazione; avendo riguardo all’assetto di interessi, il secondo provvedimento (di conclusione negativa di un procedimento già archiviato) si deve qualificare come una sostanziale autotutela decisoria, che però è stata esercitata in assenza della necessaria ponderazione nel bilanciamento degli interessi e dopo l’avvenuto decorso di ogni termine ragionevole.
Il provvedimento di autotutela da parte del Comune sarebbe dovuto intervenire in applicazione dell’art. 21 nonies della l. n. 241/1990 entro diciotto mesi dalla nota di archiviazione prot. CI/173176 del 18.07.2019), ovvero entro il 18 gennaio 2021.
In conclusione, il quadro che risulta a fondamento del provvedimento impugnato dai ricorrenti, contrariamente a quanto ritenuto dall’Amministrazione conferma che, a seguito di un procedimento edilizio già archiviato, ne deriva l’illegittimità del provvedimento che ordina la rimozione di tutte le opere difformi dal titolo abilitativo per mancata osservanza oltre che dei principi di correttezza, imparzialità, buon andamento dell’azione amministrativa, buona fede e lealtà nei rapporti tra soggetti pubblici e privati anche del consolidato principio del legittimo affidamento che impone all’amministrazione, soprattutto in sede di esercizio del potere di autotutela, l’attenta salvaguardia delle situazioni soggettive consolidatesi per effetto di atti o comportamenti idonei ad ingenerare per l’appunto un ragionevole affidamento nel destinatario.