Il Consiglio di Stato sez. II, con sentenza n. 3361 del 27 aprile 2022, è intervenuto nell’ambito del diritto militare a chiarire il diritto di difesa per i militari e cioè che, in via generale, l’assistenza di un legale nelle comunicazioni tra il militare e l’Amministrazione di appartenenza costituisce un vero e proprio diritto legittimo e non una violazione dei doveri da parte del militare stesso. Analizziamo insieme ad un team di avvocati esperti nel diritto militare la sentenza predetta che sebbene non recentissima, è da considerarsi nella sua portata sempre attuale.
Lo Studio Legale Bertuzzi e Associati forte dell’esperienza e competenza maturata nel tempo ti consente di fare chiarezza sulla questione se possa costituire una violazione dei doveri del militare far pervenire da parte del militare stesso, convocato per conferire con il proprio superiore gerarchico, una nota a firma del suo legale, comunicante l’impossibilità di presentarsi. Siamo qui per aiutarti a comprendere le regole dettate in codesto specifico settore, tutelando i tuoi diritti al fine di ottenere i migliori risultati possibili. Contattaci subito e richiedi una consulenza personalizzata a te e alle tue esigenze.
Diritto di difesa tra il militare e la sua Amministrazione: il diritto di difesa ex art. 24 Cost.
L’articolo 24 della Costituzione italiana stabilisce il diritto esteso a chiunque di difendersi in giudizio in ogni fase e grado del procedimento. Trattasi di un diritto inviolabile assicurato, con appositi istituti, altresì ai non abbienti, ovvero a coloro che non abbiano risorse economiche sufficienti per avere accesso ai mezzi necessari per la difesa legale.
Diritto di difesa tra il militare e la sua Amministrazione: la vicenda processuale
La vicenda processuale riguardava il caso di un Maresciallo Capo dei Carabinieri a cui era stata inflitta la sanzione disciplinare di due giorni di consegna, poiché convocato presso gli Uffici del Comando Provinciale dei Carabinieri per conferire con il proprio superiore gerarchico, faceva pervenire una nota a firma del proprio legale a fronte della quale comunicava l’impossibilità di presentarsi.
Il militare impugnava il provvedimento disciplinare emesso nei suoi confronti, innanzi all’adito T.A.R che con sentenza confermava la predetta sanzione.
Proponeva così successivamente ricorso al Consiglio di Stato che in riforma della sentenza di primo grado annullava la sanzione disciplinare.
Diritto di difesa tra il militare e la sua Amministrazione: il punto del Consiglio di Stato
A dire del C.D.S, in linea generale l’assistenza di un legale in sede di interlocuzione con l’Amministrazione di appartenenza costituisce esercizio di una facoltà legittima, espressione del diritto di difesa di cui all’ art. 24 della Costituzione e non può considerarsi tale da integrare la violazione dei doveri del militare. Il diritto di difesa, inteso in senso lato, deve poter essere esercitabile anche al di fuori e in via preventiva rispetto al momento dell’azione in sede di giudizio – e anzi può essere volto ad evitare che si arrivi a esiti conflittuali in sede giudiziale – e, quindi, può esplicarsi anche nella fase di interlocuzione con l’amministrazione, dovendo essere garantito anche nelle organizzazioni a forte impronta gerarchica, come quelle militari.
Il Consiglio di Stato evidenzia dunque che l’assistenza legale, anche al di fuori delle aule di tribunale, è un diritto garantito costituzionalmente dall’art. 24 ed in quanto tale deve essere rispettato anche nelle organizzazioni rigide come quelle militari, purché non ecceda i limiti consentiti e non assuma caratteri offensivi o disfunzionali.
Sebbene sia anomalo ricorrere ad un avvocato per comunicare l’impossibilità di rispondere ad una convocazione, una siffatta circostanza non potrebbe giustificare comunque l’adozione di una sanzione disciplinare.
Ecco pertanto come, secondo il Consiglio di Stato, nel caso in esame nessuna violazione disciplinare avrebbe commesso il Maresciallo che, convocato per conferire con il proprio superiore gerarchico, non potendo presentarsi, si sarebbe giustificato facendo pervenire una nota a firma del suo avvocato.
Ciò in quanto la semplice comunicazione del legale non integrerebbe alcuna interferenza indebita nel rapporto gerarchico in violazione dell’art. 715 co. 2 del D.P.R. 15/03/2010 n. 90, (che richiama il principio di gerarchia applicabile, oltre che nel rapporto di subordinazione, anche nelle relazioni di servizio e disciplinari), in quanto come già detto, l’assistenza di un legale in sede di interlocuzione con l’Amministrazione di appartenenza costituirebbe esercizio di una facoltà legittima, riconosciuta dalla nostra Costituzione anche verso le organizzazioni a forte impronta gerarchica, come quelle militari.
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