Con ordinanza n. 4076 del 9 febbraio 2022, la Corte di Cassazione ha stabilito, nell’ambito di un contratto d’appalto privato, che l’appaltatore risponde delle difformità e dei vizi dell’opera con conseguente sua responsabilità, soltanto se essi concernono le prestazioni specificamente previste nell’oggetto del contratto stesso. Scopriamo insieme ad un team di avvocati esperti nel settore più ampio degli appalti, il contratto d’appalto privato e le responsabilità dell’appaltatore.
Nella fattispecie, la società committente (Circolo tennistico) ha ritenuto l’asserito inadempimento del contratto di appalto da parte delle società appaltatrici per non avere le stesse eseguito a regola d’arte il rifacimento del manto di alcuni campi da tennis, rimasti impraticabili per giorni, con conseguente produzione di danni patrimoniali e non.
Tale società chiedeva, pertanto, la risoluzione giudiziale del contratto per grave inadempimento delle predette società, con conseguente loro condanna, in solido, al risarcimento dei danni, ai sensi degli artt. 1667 e 1218 c.c.
In particolare l’art. 1667 c.c. stabilisce che il presupposto per la sua applicabilità consiste nell’avvenuta integrale esecuzione dell’opera, non essendo pertanto invocabile nel caso di non integrale esecuzione dell’opera. Infatti, secondo l’orientamento prevalente, la garanzia per difformità e vizi dell’opera richiamata dal predetto articolo rappresenta un’ipotesi di responsabilità contrattuale per inadempimento speciale rispetto a quella generale stabilita dagli artt. 1453 c.c. e 1455 c.c.
La responsabilità generale dell’appaltatore sorge allorquando egli non ha eseguito l’opera oppure, se l’ha eseguita, si rifiuti di consegnarla o vi procede con ritardo rispetto al termine pattuito (C. Cass. 1186/2015; C. Cass. 8103/2006).
La colpa dell’appaltatore si presume ai sensi dell’art. 1218 c.c., soggiacendo alla responsabilità di cui all’articolo 1667 c.c. anche nel caso in cui i vizi e le difformità dell’opera siano imputabili ai suoi dipendenti. Appare evidente che l’art. 1667 c.c mira a rafforzare la posizione contrattuale del committente, che può chiedere l’eliminazione dei vizi incentivando l’appaltatore ad eseguire l’opera in conformità alla destinazione che le è propria.
Sono ammesse deroghe pattizie alla norma ma è nullo il patto che esclude la responsabilità contrattuale dell’appaltatore anche in caso di dolo o colpa grave.
Nel giudizio di legittimità, qui in commento, il Supremo Collegio nel respingere il ricorso proposto dalla società committente (Circolo sportivo) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e falsa applicazione degli artt. 1655, 1667 e 1668 c.c., deducendo l’illegittimità dell’impugnata sentenza, osservava che la Corte di appello non avrebbe compreso la natura del contratto stipulato tra le parti e le obbligazioni assunte dalle società appaltatrici, non rilevando al contempo che con il contratto di appalto l’appaltatore assume non una mera obbligazione di mezzi, bensì un’ obbligazione di risultato, dovendo assicurare al committente la realizzazione dell’opera convenuta.
In particolare, le obbligazioni di mezzi sono quelle in cui il debitore è tenuto a svolgere un’attività determinata, senza assicurare che da ciò derivi un qualsivoglia esito, mentre nelle obbligazioni di risultato egli è obbligato a compiere un’attività e da ciò ottenere un certo risultato.
Tra le prime sono state tradizionalmente annoverate quelle aventi ad oggetto prestazioni riferibili all’esercizio di professioni intellettuali, come la professione dell’avvocato; laddove tra le seconde sono state incluse, ad esempio, quelle dell’appaltatore (Cass., 29 novembre 1984, n. 6257, in Giust. civ. 1985, I, 3150 ss.).
Nella vicenda che a noi occupa le società appaltatrici avrebbero dovuto garantire il rifacimento dei campi da tennis in modo da preservarne la normale fruibilità, eseguendo le proprie prestazioni secondo buona fede rispettando la regola dell’arte, sapendo in particolare che qualora non avessero asportato il materiale che avevano smosso, tale mancato intervento avrebbe pregiudicato il drenaggio dei campi, ragion per cui avrebbero dovuto inserire eventuali ulteriori attività nel proprio preventivo portando a compimento tutte quelle prestazioni necessarie od utili al fine di consentire alla società committente di ottenere il risultato previsto con il contratto di appalto.
Nel contratto di appalto di un’opera, a dire della Suprema Corte, la legge non dispone a carico di quale parte gravi l’obbligo della redazione del progetto, con la conseguenza che assumono valenza decisiva le specifiche pattuizioni negoziali, che possono, perciò, «essere basate anche su un preventivo predisposto dall’appaltatore – con la specifica indicazione dei lavori da eseguire – che sia incondizionatamente accettato dal committente, così dandosi luogo alla formazione di un valido ed efficace accordo contrattuale» (Cass. civ., n. 5734/2019).
Pertanto, l’appaltatore può rispondere delle difformità e dei vizi dell’opera soltanto se essi concernano le prestazioni specificamente previste nel contratto di appalto, «da ritenersi perciò corrispondenti alle istruzioni e alle aspettative del committente, il quale, se volesse inserire ulteriori interventi nel contratto di appalto, dovrebbe richiederli all’appaltatore ricontrattando le conseguenti pattuizioni da concordare in via ulteriore».
Nel caso di specie le società appaltatrici sulla base del preventivo dalle medesime predisposto ed accettato dalla società committente (Circolo tennistico), si erano obbligate ad eseguire quanto dedotto dal contratto di appalto, ovvero eseguendo un intervento sul manto in superficie, con esclusione del sottofondo.
Nessuna prestazione che prevedeva un intervento sul sottofondo filtrante era stata specificamente dedotta nel contratto di appalto come dovuta dalle parti.
In conclusione, tali specifiche circostanze hanno condotto il Supremo Collegio a rigettare il ricorso proposto dalla società committente (Circolo sportivo) ritenendo, nell’ambito del contratto di appalto, la responsabilità dell’appaltatore per difformità e vizi dell’opera soltanto nei casi in cui essi riguardano prestazioni specificamente già dedotte nell’oggetto del contratto medesimo, con la conseguente esclusione di un difetto di responsabilità a carico dell’appaltatore per quelle non contemplate dal contratto stesso.