In una recente pronuncia a sezioni Unite del 6 luglio 2022 n. 21348, il Supremo Collegio interviene a chiarire, in materia di edilizia residenziale pubblica, una questione di rilevante importanza oggetto di contrasti giurisprudenziali e cioè il vincolo del prezzo massimo di cessione per l’ edilizia agevolata, sussistente sia per le convenzioni di cui all’art. 35 della legge n. 865 del 22 ottobre 1971 “Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia residenziale, agevolata e convenzionata” (convenzioni PEEP) sia per le convenzioni di cui agli artt. 7 e 8 della legge n. 10 del 28 gennaio 1977 “Norme in materia di edificabilità dei suoli” (convenzioni Bucalossi).
Prima di entrare nel merito della suddetta questione, occorre delineare brevemente cosa si intenda per convenzioni PEEP ovvero per convenzioni Bucalossi.
Per le prime si tratta di: convenzioni urbanistiche (già previste dall’art. 35 della l. n. 865/1971 cit.), con le quali i Comuni, o i Consorzi di Comuni possono concedere a soggetti privati, o pubblici, a fini edificatori, aree ricomprese nei piani di edilizia economica e popolare (cosiddetti P.E.E.P.), che vengono espropriate dai Comuni per essere destinate alla realizzazione di immobili di edilizia economico-popolare ed assegnate a questo fine ai concessionari limitatamente al diritto di superficie, o in piena proprietà;
per le seconde, esse consistono in: convenzioni pattizie (già previste dagli artt. 7 e 8 della l. n. 10/1977 cit., poi sostituiti dagli artt. 17 e 18 del d.P.R. del 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”), con le quali al di fuori delle aree ricomprese nei P.E.E.P. ed in conformità ai contenuti previsti nelle convenzioni tipo predisposte dalle Regioni, vengono indicate le caratteristiche tipologiche e costruttive degli alloggi, i prezzi di cessione di essi ed i canoni di locazione.
Nell’ambito di tali convenzioni il costruttore assume l’impegno di vendere ai prezzi e di locare ai canoni di locazione stabiliti, in cambio della riduzione del contributo a suo carico per il rilascio della concessione, che viene commisurato ai soli oneri di urbanizzazione, non essendo rapportato alla parte relativa al costo di costruzione.
Ciò posto, la richiamata pronuncia giunge, in parte, a chiarire la complessa problematica creatasi in forza della stratificazione normativa già espressa dalla giurisprudenza precedente.
Nel nostro ordinamento esistono difatti molteplici norme, spesso non coordinate tra loro, volte a favorire la possibilità di acquisto di abitazioni da parte delle fasce sociali meno abbienti.
Dall’entrata in vigore delle prime norme, il legislatore è intervenuto in più occasioni al fine di rendere maggiormente flessibile il regime di trasferibilità di tali immobili. Tuttavia, ciò è spesso avvenuto in maniera disorganica.
In linea generale, si è posto il problema di stabilire se le modifiche normative intervenute nel corso degli anni, si applicassero indifferentemente agli immobili di cui alle convenzioni previste dall’art. 35 della legge n. 865/1971 cit. (“convenzioni PEEP”) ed a quelli relativi alle convenzioni ex artt. 7 e 8 della legge n. 10/1977 cit. (“convenzioni Bucalossi”).
Come già detto, l’art. 35 della l. n. 865/1971 cit. prevedeva, nella sua originaria formulazione, che le aree destinate alla costruzione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica fossero oggetto di espropriazione e successiva acquisizione al patrimonio indisponibile dei Comuni. Questi ultimi avevano la possibilità, in relazione a dette aree, di concedere il solo diritto di superficie per la costruzione di alloggi di tipo economico e popolare.
Il citato articolo statuiva altresì la stipulazione di convenzioni tra il Comune e il concessionario (convenzioni PEEP) che doveva contenere la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi. Questi non potevano essere ceduti a nessun titolo.
In particolare:
le convenzioni PEEP in piena proprietà imponevano un divieto di alienazione per 10 anni, decorso il quale era previsto un obbligo di liquidazione di una somma, da versarsi contestualmente alla registrazione della compravendita all’Ufficio del registro, che provvedeva poi a trasferirla al Comune (commi 15 – 19). Una volta trascorso tale periodo, la cessione poteva avvenire esclusivamente in favore dei soggetti in possesso dei requisiti previsti per l’assegnazione degli alloggi economici e popolari;
le convenzioni PEEP in diritto di superficie ponevano esclusivamente limiti alla determinazione del prezzo di cessione (comma 8, lett. e).
L’art. 7 della legge n. 10/1977 cit. stabiliva invece, come già rilevato, che nell’ambito delle convenzioni Bucalossi per gli interventi di edilizia abitativa, fossero dovuti soltanto gli oneri di urbanizzazione e non anche il contributo sul costo di costruzione a fronte dell’impegno del concessionario a mezzo di convenzione con il Comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo di cui all’art. 8 della stessa legge (con la quale venivano stabiliti i criteri nonché fissati i parametri, definiti con meccanismi tabellari).
Le convenzioni Bucalossi nascevano, dunque, con modalità almeno in apparenza differenti rispetto alle convenzioni PEEP. Esse ponevano esclusivamente limiti ai prezzi di vendita ed ai canoni di locazione. Le previsioni di cui agli artt. 7 e 8 della suddetta legge sono state poi trasfuse, come già detto, senza alcune significative modifiche, negli artt. 17 e 18 del d.P.R. n. 380/2001.
Successivamente ulteriori modifiche legislative aprivano la strada ad un progressivo avvicinamento normativo tra le convenzioni PEEP e le convenzioni Bucalossi.
In proposito, con la legge del 23 dicembre 1996, n. 662 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, le convenzioni PEEP in piena proprietà vengono sottoposte alle regole fissate per le convenzioni Bucalossi, nel senso che esse devono conformarsi al contenuto della convenzione – tipo previsto da quella legge, con le conseguenti restrizioni sul prezzo di vendita.
Particolarmente significativo in tal senso assume il disposto dell’art. 31, comma 46 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998 “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo”.
Tale articolo stabilisce che le convenzioni PEEP in piena proprietà possono essere sostituite con le convenzioni Bucalossi alle condizioni indicate in tale comma, ovvero:
– per una durata pari a quella massima (…) prevista per le convenzioni Bucalossi dalle disposizioni della già più volte richiamata legge n. 10/1977;
– mediante la fissazione di un corrispettivo, per ogni alloggio edificato.
Unitamente alla parificazione delle due fattispecie, la legge n. 448/1998 introduceva nel sistema normativo la previsione del necessario pagamento di una somma di denaro per l’acquisizione, da parte dei privati, della proprietà degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, con conseguente possibilità di procedere alla vendita a terzi a prezzi di mercato.
Successivamente, nonostante e forse anche a causa dei vari interventi legislativi, insorgevano negli operatori (tra i quali notai ed amministrazioni comunali) e nei cittadini una serie di dubbi applicativi, sia in ordine alla permanenza o meno del vincolo di prezzo per le vendite successive alla prima, sia in relazione alle conseguenze dell’eventuale inerzia da parte dei Comuni nella fissazione dei corrispettivi di affrancazione.
Da parte di alcuni si riteneva che il venir meno del divieto di vendita di detti immobili avesse obliterato anche l’onere della fissazione di un prezzo massimo di cessione.
Con decreto-legge n. 70 del 13 maggio 2011 “Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia” convertito in legge del 12 luglio 2011, n. 106 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia n. 106/2011, viene stabilito, sia per le convenzioni PEEP che per le convenzioni Bucalossi, che i vincoli del prezzo massimo di cessione possono essere eliminati soltanto dietro richiesta del proprietario dell’immobile a fronte della corresponsione di un determinato corrispettivo.
In particolare, l’art. 5, comma 3-bis, del suddetto decreto aggiunge all’art. 31 della legge n. 448/1998 cit. i commi 49-bis e 49-ter. Il comma 49-bis stabilisce che i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione degli immobili di cui alle convenzioni PEEP possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, tramite una procedura di affrancazione, che prevede il pagamento di una somma di denaro determinata secondo i criteri indicati nel comma 48 dello stesso art. 31.
A sua volta il comma 49 ter dispone che tali previsioni si applicano anche alle convenzioni Bucalossi.
Il senso complessivo delle previsioni di cui al richiamato comma 49 bis (che poi sarà oggetto di ulteriori modifiche normative volte ad estendere la possibilità di procedere all’affrancazione) e comma 49 ter è quello di mantenere i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione, offrendo tuttavia al proprietario la possibilità di eliminarli mediante pagamento di una somma di denaro.
Con legge n. 136 del 17 dicembre 2018 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria” di conversione del d. l. n. del 23 ottobre 2018, n. 119 “Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria” viene consentita a tutte le persone fisiche interessate, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, la facoltà di avvalersi della procedura di affrancazione.
Attraverso tale procedura il vincolo relativo al prezzo massimo di cessione, ovvero al prezzo massimo di locazione, può essere rimosso mediante il pagamento di una determinata somma di denaro, calcolata secondo specifici parametri, in favore del Comune. Con l’esercizio del potere di affrancazione cade dunque l’obbligo di rispettare il prezzo massimo di cessione ed il diritto di proprietà può essere alienato al prezzo anche maggiore concordato con l’acquirente. Ciò al fine di evitare, in particolare, anche a chi abbia già venduto a prezzo di mercato di dover essere esposto all’azione di ripetizione da parte dell’acquirente del maggiore prezzo eccedente il valore calmierato, sempre che siano decorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento dell’immobile anche al venditore.
Alla luce di quanto finora esposto, a fronte dell’evoluzione del quadro normativo in materia, la giurisprudenza si è divisa principalmente su differenti questioni ovvero:
se il vincolo del prezzo massimo di cessione sussista solo per il soggetto concessionario, o in capo a colui che abbia stipulato la convenzione con il Comune, escludendo l’eventualità che il prezzo vincolato possa trasmettersi agli acquirenti successivi,
se tale vincolo si estenda anche alle successive alienazioni.
In altri termini la peculiarità rilevante riguarda il prezzo da applicare alle vendite effettuate da coloro che abbiano acquistato a prezzo vincolato dall’impresa costruttrice, se il vincolo del prezzo gravi solo la prima vendita (quella effettuata dall’impresa costruttrice) od altresì quelle successive; se, con riferimento ai suddetti aspetti, debbano valere le medesime regole sia per le convenzioni PEEP che per le convenzioni Bucalossi.
A fronte di siffatte numerose incertezze in merito a quanto sopra evidenziato, è intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, dapprima con sentenza n. 18135 del 16 settembre 2015 e recentemente, come già anticipato, con sentenza n. 21348 del 6 luglio 2022.
La prima pronuncia (n. 18135/2015) stabilisce che “il vincolo alla determinazione del prezzo discende, in tutti i casi, direttamente dalla legge”. Sembra quindi desumersi che tutte le convenzioni, sia in proprietà, sia in superficie, indipendentemente dall’epoca di stipula della convenzione, ed a prescindere dalla normativa di riferimento vigente, siano da assoggettare al vincolo del prezzo massimo di cessione.
Ciò significa che il vincolo del prezzo massimo di cessione, per i trasferimenti relativi ad alloggi di edilizia residenziale pubblica agevolata, (in particolare quando si tratti di immobili trasferiti in diritto di superficie, o di immobili in proprietà realizzati in base a convenzioni PEEP), conclusi dal soggetto che per primo ha acquistato dal titolare del diritto di concessione con l’acquirente successivo, e per i trasferimenti successivi, permane fino a che non via sia stata la rimozione del vincolo stesso.
L’onere reale del prezzo massimo di cessione viene meno per le aree cedute in proprietà ricomprese nei P.E.E.P. solo per le convenzioni stipulate dopo l’entrata in vigore della legge del 17 febbraio 1992, n. 179 “Norme per l’edilizia residenziale pubblica. Con tale legge viene difatti rimosso nelle convenzioni PEEP in piena proprietà ogni vincolo al prezzo massimo di cessione.
Per le aree cedute in diritto di superficie (per periodi variabili da 60 a 99 anni), (regolate dall’art. 35 commi 7 e 8 della l. n. 865/1971), il regime di circolazione degli immobili è rimesso alle convenzioni stipulate tra il Comune concedente ed i soggetti concessionari dell’area da edificare.
Sull’orientamento assunto dalla sentenza in commento, a favore della permanenza del vincolo del prezzo massimo di cessione, qualificato come onere reale, anche per le vendite della proprietà (se riferite ad immobili oggetto di convenzioni PEEP concluse prima dell’entrata in vigore della predetta l. n. 179/1992, ovvero prima del 15 marzo 1992) e del diritto di superficie degli alloggi di edilizia residenziale agevolata convenzionata successive a quelle effettuate dal titolare della concessione edilizia, ha influito in modo determinante l’entrata in vigore dell’art. 31 comma 49 bis della l. n. 448/1998.
Secondo quest’ultimo articolo “i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze, nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni PEEP, per la cessione del diritto di proprietà, stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della l. n. 179/1992 cit., ovvero per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione per un corrispettivo…”.
A ben vedere, la predetta norma non avrebbe ragion d’essere se non fosse riferita anche ai trasferimenti successivi alla vendita, o all’assegnazione di alloggio, in proprietà, o in diritto di superficie effettuati dal titolare della concessione.
Stando a quanto statuito dalla sentenza in esame, il supremo Collegio ritiene che “i vincoli di prezzo collegati a convenzioni PEEP in piena proprietà seguono il bene (…) con naturale efficacia indefinita”.
In base ad una valutazione politica e sociale, è ragionevole presumere che il legislatore, assegnando un termine di durata alla convenzione, ritenga l’immobile privo di vincolo una volta scaduto il predetto termine. Per cui, è lecito affermare che il vincolo operi solo nei limiti di durata previsti dalla convenzione.
Per le convenzioni PEEP in proprietà anteriori al 1992, concluse senza limite di durata l’assenza di previsione di durata comporterebbe l’assoggettabilità di tali convenzioni ai vincoli in esse presenti “sine die”. Nelle convenzioni Bucalossi l’unico soggetto tenuto a rispettare i criteri di determinazione del prezzo massimo sarebbe colui che ha ottenuto la concessione edilizia a contributo ridotto (dunque l’impresa costruttrice), escludendo ogni ulteriore acquirente del bene.
Secondo quanto esposto, la sentenza in commento opererebbe, ai fini della disciplina da applicare, una netta distinzione tra le due tipologie di convenzioni.
La differenza di regime si giustificherebbe considerando che:
le convenzioni PEEP perseguono interessi di carattere generale; esse in quanto tali, producono effetti che si ripercuotono anche nei rapporti con i terzi;
le convenzioni Bucalossi, al contrario, non perseguono interessi di carattere generale; esse si limitano a riconoscere un vantaggio al privato che intende costruire il proprio alloggio, fruendo di uno sconto sul contributo concessorio. Per tale motivo, le convenzioni suddette non produrrebbero effetti nei confronti dei terzi, ancorché assoggettate a pubblicità immobiliare.
L’interpretazione proposta, tuttavia, sembrerebbe smentita dal legislatore che introducendo il comma 49 ter dell’art. 31 della L. 448/98 cit. anche con riferimento alle convenzioni Bucalossi contemplerebbe la possibilità di rimuovere le limitazioni di prezzo, decorsi 5 anni dalla prima cessione: ciò significa che i vincoli di prezzo graverebbero non solo sul costruttore, bensì anche sugli aventi causa dello stesso.
La recentissima sentenza n. 21348 del 6 luglio 2022, corregge in parte il tiro di quanto già affermato dalla precedente pronuncia, delineando i seguenti principi:
– le convenzioni PEEP e le convenzioni Bucalossi sono accomunate dal medesimo regime giuridico; ciò significa che esse vanno osservate unitariamente; – in tal senso, il vincolo del prezzo massimo di cessione sia degli immobili di edilizia residenziale pubblica (convenzioni PEEP) che di quelli costruiti a seguito di convenzioni che hanno beneficiato dello scomputo degli oneri di urbanizzazione (convenzioni Bucalossi) permane anche a seguito della prima cessione, fino a quando lo stesso non venga eliminato mediante apposita procedura di affrancazione da svolgere con il Comune secondo l’art. 31, comma 49 bis, della legge n. 448/1998. Tale comma, nel testo attualmente in vigore, prevede che i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative, nonché del canone massimo di locazione finalizzati alla cessione del diritto di proprietà ovvero del diritto di superficie possono essere rimossi, dopo che siano decorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, a fronte del pagamento di un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato anche per le unità in diritto di superficie in misura pari ad una percentuale del corrispettivo fissato ai sensi del richiamato comma 48 dell’art. 31.
La procedura di affrancazione elimina il vincolo del prezzo per i successivi acquirenti degli immobili di edilizia residenziale pubblica. Pertanto, colui che vende a prezzo maggiorato non incorre nell’onere di dover ripetere verso l’acquirente il rimborso della parte di prezzo eccedente la soglia che oltrepassa il prezzo vincolato.
Dunque, sia per le Convenzioni PEEP sia per le Convenzioni Bucalossi, la normativa sviluppatasi nel corso del tempo dimostra la loro sostanziale equiparazione con la conseguenza che entrambe, come già rilevato, devono essere osservate unitariamente.
A detta del Supremo Collegio, le convenzioni Peep e le convenzioni Bucalossi hanno percorso un ideale cammino indirizzato verso una progressiva parificazione di effetti.
In definitiva, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ricostruendo il quadro normativo, in tema di cessione degli immobili di edilizia economica e popolare e di edilizia convenzionata, affermano la permanenza del vincolo sul prezzo di vendita per entrambe le tipologie di immobili sia quelle derivanti dalle convenzioni PEEP che quelle relative alle convenzioni Bucalossi, chiarendo che il vincolo del prezzo massimo di cessione derivante dalle convenzioni di edilizia popolare, in ogni caso, è opponibile a tutte le alienazioni, anche oltre il costruttore, con conseguente efficacia nelle alienazioni successive, fino al completamento dell’esperibilità della procedura di affrancazione.
Ciò significa che gli immobili di edilizia residenziale pubblica possono essere venduti dal primo acquirente a prezzi di mercato soltanto una volta conclusa la procedura di affrancazione e versato il corrispettivo dovuto al Comune.
Il sistema normativo tende ad evitare che su questa tipologia di immobili possano intervenire manovre speculative.
Tali devono essere considerate, ad avviso del Supremo Collegio, sia azioni di venditori che, dopo aver acquistato l’immobile dal costruttore a prezzo vincolato, lo rivendano a prezzo libero, sia quelle dei successivi acquirenti che, dopo aver incamerato il bene a prezzo libero, agiscano nei confronti del venditore medesimo chiedendo la ripetizione del corrispettivo pagato in eccedenza, per poi procedere all’affrancazione alienando a loro volta l’immobile a prezzo non vincolato.
In conclusione, la logica del sistema attualmente vigente è nel senso che chi vuole vendere l’immobile a prezzo di mercato può farlo esclusivamente attraverso la procedura di affrancazione, pagando pertanto una determinata somma in favore del Comune, la quale costituisce una sorta di “compenso” dettato dalla non più assoggettabilità al prezzo vincolato, restituendo di conseguenza all’immobile medesimo il suo pieno valore di mercato.